Si chiama Anita Devicq, è italo canadese, ma vive a Castelmassa, ma soprattutto è la prima cittadina italiana a chiedere la cittadinanza israeliana per motivi diversi da quelli di Giuliano Ferrara e Oriana Fallaci. Ce li spiega in questa intervista esclusiva, che ancora una volta rimarca come il Polesine pulluli di personaggi originali e carismatici.
Signora Anita, lei è ebrea?
Chissà. Non lo so. Mia mamma era canadese, ma pare che la sua famiglia discendesse da nativi, forse Tionontates, oppure Cree, oppure ancora mètis del Saskatchewan. Mio padre discende invece da una famiglia di migranti siciliani, fuggiti nelle americhe ai tempi della conquista del mezzogiorno da parte delle truppe sabaude, ma si dice che a sua volta discendesse da una famiglia di mercanti arabi di Palermo.
Insomma, una genealogia incasinata. E poi il ritorno in Italia...
Mi sono stabilita a Castelmassa per accudire mio cugino Desirèe Savogin, nelle fasi successive a una delicata operazione chirurgica. Lì, durante una serata danzante in un saloon di Calto, ho conosciuto Ivano, il mio primo marito. Ero all'ottava Leffe media, quando mi chiese un valzer. Fu il primo di otto grandi amori, tutti coronati sull'altare della chiesa di Santo Stefano a Castelmassa. Iniziai allora a sentirmi davvero polesana.
Ma perchè ora la decisione di prendere la cittadinanza israeliana?
E' stata una scelta molto meditata. Vede, io non sono mai stata filoisraeliana, tipo Giuliano Ferrara o i radicali. Non sono neanche filo palestinese, se è per questo. Diciamo che non me ne è mai fregato molto. Un giorno, però, il mio avvocato divorzista e amante, Seneca Chiorboli, a corto di escamotage per salvarmi da un processo che mi avrebbe spillato un miliardo di euro, mi disse: "Qui l'unica è dire che sei ebrea israeliana". Gli chiesi perchè. "Perchè quando il suo avvocato, Falcone Falconi, che è un noto radical chic sinistrorso, ti accuserà di avere rubato nel sonno i denti d'oro a tuo marito per pagarti un gigolò, tu li accuserai a tua volta di attaccarti per puro antisemitismo".
Come finì?
Grazie alla mia amicizia con il console israeliano a Madrid, riuscii a ottenere la cittadinanza da Tel Aviv, che mi venne conferita con cerimonia ufficiale due giorni prima del processo. Mi presentai in tribunale avvolta in una bandiera israeliana. Ovviamente vinsi la causa. Beh, non ci crederà, ma quella scelta mi ha cambiato la vita.
Davvero?
Sì, una volta ero a fare shopping da Bulgari e ho parcheggiato con le quattro frecce sopra il parcheggio degli handicappati, che tanto era vuoto. Dico, fosse occupato, capisco. Ma se è libero, qual'è il problema? Comunque, un vigile mi ha multato. E io l'ho querelato. Ho vinto la causa dimostrando che il vigile si è accanito contro di me non per la mia condotta, ma perchè odia gli ebrei. Ogni sua parola, del resto, grondava odio verso di me non in quanto automobilista indisciplinata, ma in quanto ebrea sionista. Ho vinto la causa. E' vero, sa? Ne parla anche Giuliano Ferrara su Panorama.
1 commento:
Si, è vero, come futuro iscraeliano, mi sento minacciato dagli antesemiti ti di qualsaisi provenienza (chi mi sta sulle balle). Voglio anch'io sfruttare la convenienza di essere sionista....
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