martedì 23 febbraio 2010
Romanzo Pulp: postfazione alla postfazione
Tutto iniziò con una telefonata del Papa a Monello Vianello. "Vediamoci al bar dalla Pina, ti devo parlare". I due si diedero appuntamento, senza sapere che sarebbe stato l'ultimo.
"Ho pregato tanto per la Pace nel mondo, fino a corrodere il rosario, ma nessuno mi ha mai riconosciuto nulla per tanto mi impegno", disse in lacrime, sorseggiando una china calda. Era arrabbiato, Sua Santità, perchè il premio Nobel per la Pace lo avevano dato a un altro. Per questo il Vaticano aveva deciso di cambiare strategia: meno voti alla Madonna, più scene di azione. Presto le guardie svizzere lasceranno San Pietro per trasferirsi in Afghanistan, teatro delle operazioni umanitarie contro l'integralismo islamico. "Se riusciamo a spaccare il culo ai talebani - rivelò, con spiccato accento tedesco - forse il Nobel quest'anno ce lo danno a noi, cioè a me". Anche perchè il carattere di questa indomita spedizione sarà più che mai umanitario. Grande infatti è il dispiegamento di cappellani militari, che condurranno le operazioni di terra. A loro il compito di battezzare in extremis i bambini che, inevitabilmente, verranno maciullati dalle bombe sganciate dai B-52 recentemente acquistati dallo Stato Vaticano per condurre le operazioni di pacificazione. "Moriranno orribilmente, ma la loro anima andrà nel nostro Paradiso e farà contento Dio", spiegò Ratzi. "Ma Dio non era buono?", chiese Monello Vianello. Ratzi rise. "E secondo te, se Dio era buono il 90% della popolazione mondiale vivrebbe nella miseria? Dai, non fare il cazzone!"
Monello Vianello stava per rispolverare una risposta sarcastica che serbava dal 1978, quando fu interrotto. "Mani in alto, è una rapina!" Sei tizi fecero irruzione nel bar puntando le pistole contro gli avventori. Vennero accolti con scetticismo. "Tutti a terra! Tutti a terra o vi faccio secchi, stronzi!", gridò il capobanda, e per dimostrare che faceva sul serio, prese Sua Santità, lo fece inginocchiare e gli sparò alla nuca, come un cane. Prima di crollare, curiosamente il Papa fece il saluto romano e gridò: "Heil Hitler!". Mesi dopo si sarebbe scoperto che non era il vero Papa, ma un impostore, in realtà un gerarca nazista sfuggito per anni alle autorità israeliane, accusato di avere seviziato e ucciso decine di bambini a Buchenwald. La figlia invitò comunque a rigettare ogni criminalizzazione facilona e qualunquista e a giudicarlo invece per il suo contributo alla vita pubblica adriese.
Mentre il cervello del tizio si spalmava ordinatamente sulle piastrelle, tutti si convinsero che era il caso di mettersi ventre a terra. Del resto, sulla pericolosità dei rapinatori non c'erano dubbi: era "la banda degli albanesi", così li chiamavano i giornali. In realtà parlavano con accento della bassa padovana, ma "la banda degli albanesi" suonava bene, aveva spiegato una volta un caporedattore del Gazzettino. Anche le facce sembravano tutto, tranne che facce di albanesi. Tant'è che i quotidiani avevano sempre usato foto di repertorio di albanesi arrestati, perchè i rapinatori veri erano meno fotogenici. Un caso molto complicato. Che probabilmente nessuno avrebbe mai risolto, se non fosse intervenuto James Taylor. Non il cantautore americano, ma l'organista dell'omonimo quartetto. Fu proprio lui a entrare nel locale, accompagnato dagli altri tre musicisti.
In un angolo del bar dalla Pina c'era un organo hammond. Taylor strimpellò tre o quattro note. La banda degli albanesi bassopadovani rimase interdetta. Il batterista fece a uan ciù frì e tutto il quartetto partì con la rivisitazione del tema di Starsky & Hutch. Il capo dei rapinatori abbassò la pistola, preso dal ritmo. Una manciata di secondi di relax, che bastò a Taylor. Senza fermare l'assolo virtuosistico che stava svolgendo sulle note alte dell'hammond, in tre secondi 1) estrasse da sotto la giacca una pistola, 2) prese la mira, 3) sparò sei colpi esatti, abbattendo i sei rapinatori prima che possano reagire.
Sembrava tutto finito e già gli anziani avventori si preparavano a portare in giro per la città James Taylor per festeggiare, quando il capo della banda, ancora agonizzante, si concesse un ultimo atto di eroismo. Sfoderò una pistola e sparò alla cazzo di cane. Fu così che Monello Vianello terminò la propria esistenza terrena. Ma non morì. La pistola non era un comune revolver, ma un'arma smaterializzatrice proveniente dall'antico impero dei Dogon e recentemente rubata al Museo Archeologico di Adria. Il corpo di Monello Vianello fu così traslato in un altro punto dell'universo. Ebbe appena il tempo di dire: "Spero di non finire in quell'orrendo mondo di Pipponia", poi nessuno lo vide più.
Questa, almeno, è la versione ufficiale dei fatti fornita dalle forze dell'ordine.
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