lunedì 8 dicembre 2008

Ecatombe! (Parte seconda)

(... continua dalla precedente puntata)

Gian Antonio mi aspetta in macchina, ammorbandosi con il fumo del sigaro: "Voglio vedere come va a finire", mi dice. All'esterno del Popsi, rimesso completamente a nuovo, una lunga coda di individui tutti uguali si accalca alle entrate. E' impressionante: sono tutti cloni di Vianello Monello. Ognuno parla una lingua diversa, ma ci capiamo grazie all'esperanto. "Questa festa è una ficata - mi dice il clone numero 266, elzevirista della rubrica Good Morning T'bilisi - Sembra ancora meglio dell'orgia con cui abbiamo festeggiato la nostra nascita. Mi hanno pagato tutto, il biglietto aereo, il taxi fin qua. Dentro mi hanno detto che ci sono chilometri e chilometri di coca, la possibilità di prendere a pallonate un po' di vecchie mummie blaterone e un'esibizione del presidente della Provincia sul cubo". Non c'è verso di fargli capire che qualcosa non torna. Ad esempio, dove sono i Vetusti Scaldapoltrone Ammuffiti di cui si parlava nell'articolo, quelli contro cui si sarebbe dovuta svolgere la partita di palla avvelenata? "Non hanno avuto il coraggio di venire - ride il clone numero 499, giunto da Amsterdam, dove aizza i benpensanti contro gli immigrati, le puttane e i coffèe shop - Ma noi ci divertiremo lo stesso, perchè siamo con le persone più ganze in circolazione, cioè noi stessi se non si era capito. Ah! Ah!" Sono antipaticissimi, ma devo fargli capire che è tutta una fregatura. Ci provo, ma mi respingono.
"Va via, balordo - mi grida il corrispondente da Melbourne, noto come il clone numero 122 - Vuoi rovinarci la festa con i tuoi ragionamenti da amico dei vetusti scaldapoltrone ammuffiti". Mi sbattono indietro, sempre più indietro, spingendomi l'uno contro l'altro fino a scagliarmi in fondo alla coda. Mi lasciano a terra, vicino alla macchina di Toni, mentre si precipitano all'interno della discoteca gridando di gioia. Le porte della balera si chiudono con un tonfo assordante. Si sente un vocìo, della musica. La porta della balera si socchiude, esce un tizio, un buttafuori con occhiali neri e tatuaggi. Si accende una sigaretta e cammina a passi decisi verso di noi. All'interno la musica si ferma. Sento un brusio. Poi la discoteca fa "pum!" e una palla di fuoco ne sventra il tetto, scagliando calcinacci in cielo. All'interno si odono solo grida strazianti. Altre tre esplosioni le fanno cessare: le pareti dell'ex Maskò si squarciano sotto la pressione della deflagrazione, vanno letteralmente in brandelli. Ci sono resti umani bruciacchiati che schizzano via assieme ai detriti. Poi la discoteca collassa su se stessa, e se c'era qualcosa di ancora vivo all'interno viene schiacciato da travi e muri che crollano al suolo. Le fiamme continuano a bruciare. Il buttafuori è serio: "Non è andata come speravo". Lo guardo allibito: "Dov'è Celio Rodigino, non ha voluto sporcarsi le mani?" Lui fa un cenno con la testa, mi risponde: "Ha lasciato a me il compito di fare fuori i cloni di Vianello Monello rimasti in circolazione. Sa che mi divertono gli esplosivi. Peccato che, ironia della sorte, mio fratello abbia tradito, consentendo a un buon numero di cloni di scampare all'attentato. Peccato. Ne ho eliminati solo 328, che aggiunti agli altri 5 uccisi da Celio e a quello investito da Elviro l'altra sera fanno 334". Solo ora capisco che l'uomo di fronte a me non è altri che Maicol Colasberna. Ma non voglio sapere altro: non mi interessa parlare con lui di cosa ha combinato suo fratello Johnny, nè che fine faranno i 166 cloni ancora in circolazione. Salgo in macchina con Cibotto e gli chiedo di andarcene. Il Maskò brucia ancora, in lontananza si sentono le sirene dei vigili del fuoco.

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