sabato 22 novembre 2008

La verità sul caso di Attila Coretti

Attila Coretti è morto perché altri non era che Adelmo Colasberna, o meglio questa era l’identità fittizia da lui assunta per sfuggire alle minacce delle Savm”.
E’ questa la nuova sbalorditiva rivelazione di Carmelo Johansson, pseudonimo del misterioso agente segreto che ha già svelato i clamorosi retroscena del ritorno di vita di Vianello Monello in cinquecento cloni. Johansson dice di volere riaprire questo oscuro capitolo della storia polesana perchè commosso dalla fiaccolata di solidarietà organizzata per stasera a Trecenta. “Non voglio che tutti quegli appassionati partecipanti perdano il loro tempo rincorrendo una menzogna. E' giusto che sappiano tutto: Coretti aveva scoperto alcuni inquietanti particolari sulla morte dello stimato opinionista che taccio per la mia incolumità – spiega Johansson – le Savm, dunque, avrebbero trafugato il cadavere non solo per ammirazione verso il caro estinto, ma pure per nascondere prove che avrebbero inchiodato alcuni personaggi eccellenti alla prima morte di Vianello Monello. Confermo, quindi, che non fu suicidio ma assassinio e che se una certezza c’è è che Coretti aveva in mano elementi oggettivi per scagionare i fratelli Johnny e Maicol Colasberna”. Così i due ingegnosi ingegneri (il bisticcio di parole è voluto) avrebbero intercettato Coretti, suggerito l’alibi della fuga in una comunità hippie nella Vandea e, sfruttando la loro abilità trasformistica, gli avrebbero rifatto i connotati e spacciato per il loro timido cugino Adelmo Colasberna. “Pensateci, le iniziali sono le stesse. La morte è poi giunta per il dramma della solitudine. Costretto a condurre una vita ritirata il povero Adelmo/Attila trovava soddisfazione ai propri appetiti sessuali solo nelle forme più fantasiose di masturbazione. Ma credo che anche questa sia una mezza verità e che l’incidente con l’aspirapolvere sia stato in realtà simulato da professionisti dell’intelligence”.
Ma chi potrebbe avere avuto a lasciare dietro di sé una così lunga scia di sangue? “Ripeto: non posso sbottonarmi per ora – ribadisce Johansson – ma credo si tratti di una persona molto stimata che non poteva permettersi di essere trascinata in una brutta storia di corruzione che, ritengo, Vianello Monello fosse pronto a rendere pubblica sulle colonne del Corriere del Veneto”.

(nella foto l'agente Carmelo Johansson)

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