Si susseguono una dietro l'altra le più importanti scoperte archeologiche della storia del Polesine, che aiutano a ricostruire un passato lontano e dimenticato.
L'ultimo reperto portato alla luce dagli archeologi nell'area del castello è una pergamena dall'indubbio valore storico: il primo annuncio dell'apertura del castello. La giunta comunale avrebbe immediatamente occultato l'antica testimonianza, perchè capita curiosamente proprio nei giorni in cui Palazzo Nodari ha annunciato per l'ennesima volta l'apertura a breve del castello e relativi giardinetti (è la terza volta). Nel preziosissimo documento storico, infatti, si colgono delle pericolose analogie con il presente. Nel 920 d.C. il vescovo di Adria, Paolo Cattaneo, incaricò il conte Paolino di costruire il castello. Nel 933 il castello era ancora per aria, così Paolino fu sostituito dal duca Azzalino I, che brillava per irrefrenabile entusiasmo. Dopo un anno, infatti, Azzalino I promise: "A breve avremo completato il castello". Nel 947, anno del documento, Cattaneo scrive ad Azzalino, chiedendo in un latino maccheronico tipico di quell'era di decadenza: "Tu habere annunciator millem et millem voltem que tu apraber... apreber... aprirai castellum, sed castellum est ancora chiusum et infra paucum ammazzerabunt Matteotti et toccherabum construere monumentum ad ellum". Tradotto, significa che il vescovo si era rotto il cazzo di sentirsi dire che il castello sarebbe stato aperto a breve e si chiedeva ironicamente se i lavori sarebbero stati ancora impantanati nel ventesimo secolo. Azzalino I rispose con ottimismo: "Prestior apriremus castellum". I lavori finirono, come raccontano gli storici, nel 954.
La scoperta ha fatto insorgere l'opposizione, che chiede di sapere tutta la verità sullo stato del castello. Ma il vicesindaco, Graziano Azzalin, rassicura tutti: "Il castello sarà aperto entro un mesetto". Il clima, però, è tutt'altro che rasserenato. Sempre la minoranza a Palazzo Nodari, facendo squadra con quella in consiglio provinciale, ha accusato la giunta di una vera e propria abitudine a trafugare reperti storici. "Oggi fanno sparire un documento importantissimo per la storia della città - spiega Andrea Bimbatti, leader del Pdl - Ma abbiamo le prove che c'è stato almeno un altro episodio in cui la maggioranza ha piegato l'archeologia a logiche politiche". Secondo le prove fornite dal centrodestra, si sarebbe infatti avverato quanto già previsto dal veggente Leonida Gusmaroli: durante gli scavi sul corso del Popolo, infatti, gli operai avrebbero rinvenuto una statua risalente all'età del Bronzo e raffigurante un'oscura divinità di un'altrettanto sconosciuta popolazione dell'antico Polesine, con il volto identico a quello dell'esponente del Pd, Giuseppe Boscolo. Una scoperta imbarazzante, se si considera che nello statuto del Pd è previsto che, in un caso come questo, la persona somigliante al manufatto sarebbe chiamata a governare il Polesine, in quanto incaricato dagli Antichi. A questo punto il Pd avrebbe dovuto chiudere l'esperienza di Tiziana Virgili a Palazzo Celio e indire nuove elezioni per mandare Boscolo al potere. Ma si è preferito insabbiare tutto. "La statua - dice Bimbatti - è stata sotterrata da qualche parte in gran segreto, ma noi la ritroveremo, perchè i cittadini devono sapere. Se Boscolo era veramente destinato a guidare la nostra terra, la violazione del volere degli Antichi rischia di scaraventarci in un'epoca di sfiga tremebonda!"
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