mercoledì 18 febbraio 2009

L'infernale Cibotto


Quando l'ascensore si fermò, le porte si aprirono sibilando. L'ispettore Cibotto vide davanti a sè un lungo corridoio, illuminato da pallide luci al neon. Una miriade di porte si aprivano ai lati. In fondo, una volta in pietra con incise misteriose rune era serrata da un pesante portone in mogano con maniglie di ottone rilucenti. L'ispettore Cibotto sentiva che là dietro avrebbe trovato il venerabile Orlando Lupani, nume oscuro della massoneria rodigina, affiliato al racket dei fabbricanti di poltrone e dei sarti demodè, eccetera eccetera. Su una delle due ante, infatti, era inchiodata una grossa targa incisa a mano, recante la scritta: "Ufficio del venerabile Orlando Lupani, nume oscuro della massoneria rodigina, affiliato al racket dei fabbricanti di poltrone e dei sarti demodè, eccetera eccetera. Si prega di suonare".
L'ispettore sapeva che non sarebbe bastato suonare il campanello come si fa quando si va a trovare la zia. Qualunque loggia massonica adottava codici di riconoscimento ben precisi. Le ipotesi plausibili erano due, secondo quanto Cibotto aveva potuto ricostruire: due suonate brevi, una lunga, tre molto brevi, una breve, sette lunghe e infine una marcetta; oppure cinque suonate lunghe, un'unica suonata della durata di 3,2 secondi, tre colpetti di campanello, sei suonate brevi e di nuovo una lunga suonata da trattenere finchè non si fosse aperta la porta. Nel dubbio, l'ispettore Cibotto adottò la terza via: suonò il campanello e scappò.
Un vecchio dai capelli lunghi, armato con una baionetta e un fucile a canne mozze, si affacciò alla porta. Vide che non c'era nessuno e capì di essere stato preso in giro. Uscì agitando il pugno e gridando contro presunti giovinastri senz'arte né parte che si divertivano a disturbare a quell'ora, camminando dritto verso la porta d'uscita: "Ve lo faccio vedere io! Ai miei tempi a colpi di cinghia ve la insegnavano l'educazione!" Cibotto lo abbattè con il calcio della P38, lasciandolo a terra privo di conoscenza. Lo disarmò e per essere più tranquillo, lo trascinò in uno sgabuzzino, gli mise un sacchetto di plastica in testa e lo soffocò. "Nei film questi cattivi riescono sempre a liberarsi per dare l'allarme", commentò, rivolto ai lettori disgustati da cotanta durezza. Dal portone socchiuso giunse l'inconfondibile voce di Orlando Lupani: "Hubert! Lascia stare quei teppisti e vieni a chiudere la porta d'ingresso!". L'ispettore scivolò furtivo verso l'arco, su cui erano intarsiate frasi in alfabeto ogamico, zeppe di errori di sintassi.
Orlando Lupani dava le spalle all'ingresso e sfogliava una pila di carte. Cibotto sbattè violentemente il portone, creando una corrente d'aria che scombinò tutti i fogli sulla scrivania, spargendoli per la stanza. Il venerabile gran massone si voltò bestemmiando il dio Tugrurrz: "Hubert! Mani di merda!" Rimase impietrito, quando si accorse che davanti a lui non c'era il suo fedele braccio destro. "Hubert è cibo per i vermi, frazione umida da conferire al separatore - rispose Cibotto alla domanda che aleggiava sulla testa di Lupani - Vi raccomando di separare gli abiti, da destinare agli appositi contenitori della Humana e di donare gli organi a chi ne ha più bisogno".
"Sono tre puntate che blaterate - intervenne a quel punto un lettore - Di questo passo risolverai il giallo tra un millennio!" L'ispettore Cibotto lo fulminò con un colpò di rivoltella allo stomaco. "Sono qui per avere delle risposte, signor Lupani - disse, soffiando sulla canna fumante della pistola - E tu me le darai, con le buone o con le cattive". A questo punto entra in scena una squadra di ventisei ninja armati di nunchaku e spade laser, che Cibotto sgomina in una scena troppo lunga per raccontarvi tutto, ma finisce con i suddetti impilati l'uno sull'altro, privi di vita. Quanto basta per convincere il capo della massoneria a parlare: "Parla - disse Lupani - Cosa vuoi sapere da me?"

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