martedì 17 febbraio 2009

Una P38 per l'ispettore Cibotto


Il piazzale di carico e scarico merci dell'Interporto era immerso nel silenzio. Il vuoto, i capannoni deserti, il gregge di pecore che pascolava tra le costruzioni non ingannavano l'ispettore Cibotto: mille occhi in quel momento lo stavano fissando. E lui voleva che fosse così. Una folaga spiccò il volo da un ammasso di giunchi non lontano dalle banchine.
L'ispettore armò la sua P38 e la infilò prudentemente nella tasca dell'impermeabile. Era nella tana delle tigri. Fra poco sarebbe sceso il buio: decine di amanti avrebbero disseminato di fazzolettini e preservativi usati il viale principale, compiendo come ogni plenilunio il sacro rito di fertilità in omaggio del dio Veertzunh'p, caro agli alieni del pianeta Chulak. Quell'apparente fregola collettiva rinnovava ogni mese la consacrazione dell'area, donandole i favori di un abominevole divinità extraterrestre. Ma l'ispettore Cibotto sapeva che c'era ben altro: gli alieni raccoglievano ogni notte quei rifiuti organici per utilizzarli in strani esperimenti di ingegneria genetica in un laboratorio a ventotto piani di profondità. Faceva tutto parte del patto, forse più antico degli accordi stipulati durante quella cena a pane e salame tra uomini politici, massoni e creature di un'altra galassia. Di più non sapeva: sull'argomento l'unica fonte in Polesine era la rubrica "Dietro le quinte" della Voce di Rovigo, insufficiente a colmare molte lacune. Senza contare le false voci, come quella su un coinvolgimento di Beppe Osti, che il settimanale Appunti aveva giurato essere venuto dal pianeta Sgnart per sacrificare i polesani al dio Tugrurrz. Solo Monello Vianello era in grado di raccontare come stessero davvero le cose: per questo lo avevano fatto sparire. Ma cosa stavo raccontando? Ah, sì.
La palazzina principale dell'Interporto si stagliava spettrale nel crepuscolo. Cibotto sapeva che era una copertura. Era sotto terra il vero centro del potere. Un po' più vicino alla superficie, rispetto agli hangar alieni e ai laboratori di ricerca in cui si diceva, sempre sulla rubrica della Voce, che fosse rinchiuso e vivisezionato il dio Rlim Shaikorth. Comunque, nei piani immediatamente inferiori al grande piazzale, si snodava una serie di corridoi, con stanze ampie e altre più piccole, alcune vere e proprie celle: era il quartiere generale della Gran Loggia, la massoneria di Orlando Lupani. E l'ispettore Cibotto intendeva profanarlo per avere risposta ad almeno due delle domande che gli ronzavano in testa: chi sono i Vetusti Scaldapoltrone Ammuffiti? E perchè nel telefilm "Colombo" la moglie del protagonista non si vede mai?.
Cibotto forzò agevolmente la porta di ingresso con la tessera di socio Coop e curiosamente caricò due punti sul proprio conto, utili per il ristorno di fine anno. All'interno dell'edificio, un corridoio spoglio e buio. Sul lato, un ascensore. La pulsantiera indicava solo i piani superiori. Ma Cibotto intuì immediatamente come accedere ai piani inferiori: bastava risolvere una serie di sistemi polinomiali di grado basso per ottenere una combinazione di numeri, che costituiva il codice da digitare sul tastierino. Sulla parete dell'ascensore apparvero uno schermo e una pulsantiera: per fare muovere la cabina, bisognava risolvere una semplice sciarada a parti convenzionali. L'ispettore inserì le parole della soluzione. Dopo un istante l'ascensore si mosse verso il basso con un ronzio.

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