domenica 20 dicembre 2009

Romanzo Pulp - Capitolo 2

Nella scorsa puntata Zigbniev, un giovane rappresentante di armi letali, si reca a colloquio con il generale Sherman, capo del Ministero della Guerra e dello Sterminio, per proporgli una nuova arma. Ma la logorrea di entrambi i personaggi fa sì che il primo capitolo si concluda sul più bello. Alla fine della chiacchierata, Sherman invita Zigbniev a mostrare il suo prodotto...

Zigbniev sapeva di avere pochi minuti, meno di tre minuti, per giocarsi tutte le carte. Doveva essere deciso, spudorato e appassionato. Il generale cercava qualcosa di nuovo e lui aveva la vera novità dell'anno a venire.
Pensò ancora una volta a sua moglie e a suo figlio. Si alzò in piedi e srotolò un poster: "Eccola: l'ingravidatrice". Il generale non nascose la propria curiosità e fece cenno di andare avanti. "Questa non vi annoierà. E' la prima arma chimica che rilascia ormoni. Dispersa in ambienti sovrappopolati aumenta esponenzialmente la fertilità delle donne e altera i processi biochimici degli uomini, aumentando la libido e le chance riproduttive. Le donne ingravidate danno vita a parti gemellari di sette o otto soggetti. E' l'arma ideale da usare in contesti di estrema povertà e alta densità della popolazione, perchè produce un boom demografico disastroso. Stiamo cercando di capire in quanto tempo l'uso su larga scala di questa arma possa portare una società al collasso. Potreste sperimentarla nella striscia di Gaza".
Sherman si allungò in avanti: "Se questa è davvero l'arma definitiva, il principato ebraico di Israele non lo permetterebbe mai. Loro sanno benissimo che il giorno in cui sarà morto l'ultimo palestinese, per il loro paese inizierà il declino. Israele ha bisogno dei palestinesi. Sono anche ottimi bersagli per esercitarsi nel tirassegno. Ma la sua arma mi piace, sa perchè?". Zigbniev scosse il capo. "Perchè mi diverte. Perchè ciò che lei ha appena detto sulla guerra è una bella pippa da stratega, ma la verità è che la guerra è il modo con cui le persone crudeli si divertono. Da quaranticinque anni semino mine che strappano gamba e braccia ai bambini, faccio bruciare vive le donne con bombe al napalm e ordino di torturare un anziano davanti ai figli. Questo è il mio lavoro e il mio lavoro dà senso alla mia vita. E per lei che cos'è questo? E' solo un lavoro?" Zigbniev si alzò in piedi e si portò una mano sul cuore, dichiarando fiero: "E' il mio lavoro. Dà il pane ai miei figli e mi fa sentire fiero di essere loro padre. E quant'è vero Dio, amo il mio lavoro".
Sherman si accese un altro sigaro e l'allungò a Zigbniev. "Fumi con me. Parleremo poi dei dettagli tecnici". Il giovane cercò di frenare la felicità che lo stava pervadendo con un moto orgasmico. Il telefono di Sherman squillò. Era la sua segretaria. Una conversazione a monosillabi si concluse con "Lo faccia entrare". Un uomo dalla fisionomia indefinita entrò nella stanza. "Zigbniev, le presento il presidente degli Stati Uniti, Monello Vianello". Zigbniev si inchinò, quasi a leccare le scarpe del comandante in capo. "Si alzi, si alzi", disse Monello Vianello. "A cosa devo tanto onore?", disse Sherman, che non aveva ancora incontrato di persona il presidente. "Lei è quello che si occupa delle armi letali?", disse Monello Vianello sedendosi sulla sua scrivania e rubandogli un sigaro. Sherman annuì. "La vuole sapere una notizia curiosa?", disse Monello Vianello. Sherman fece cenno di continuare, Zigbniev pure. "Saprà che sono stato eletto dal Partito Unico Democratico-Repubblicano con un programma militarista e imperialista - espose il presidente - Ebbene, vi ho fregati". Sherman sbiancò: "Vuole chiudere il reparto armi letali?". Il presidente rise: "Ben di peggio. Sono il leader di un movimento terroristico anti imperialista. Con la mia elezione gli Stati Uniti sono finiti. Ho dato accesso a questa struttura ai miei fidati. Abbiamo piazzato esplosivo in ogni pertugio. Tra meno di due minuti l'edificio sarà ridotto in briciole". Sherman non sapeva se ridere o piangere. Ma non ebbe il tempo di fare nè l'una cosa, nè l'altra. Il presidente estrasse una sciabola da sotto la giacca e con un fendente fulmineo lo decapitò. La testa rotolò ai piedi di Zigbniev, imbrattando di sangue le sue scarpe di coccodrillo. Dal collo squarciato un fiotto rosso lasciò un'enorme macchia sul soffitto.
"Sherman, però, lo volevo uccidere personalmente", disse Monello Vianello. Zigbniev non capiva: "Ma perchè si è fatto eleggere presidente se odia il nostro paese al punto da volerlo distruggere?". Monello Vianello lo guardò quasi con compassione, mentre usciva dalla finestra: "E mi chiedi perchè?". Un attimo dopo Zigbniev subiva gli effetti devastanti dell'esplosione, passando dallo stato tridimensionale a quello bidimensionale.

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