Il generale Sherman dava sempre l'impressione di divertirsi un sacco quando i suoi consulenti militari gli mostravano il catalogo con le nuove armi prodotte dall'industria bellica.
Dicembre era il suo mese preferito. Per lui Natale coincideva con lo shopping perle guerre dell'anno nuovo. Il Ministero della Guerra e dello Sterminio in dicembre preparava il bilancio preventivo, che per Sherman signifcava una sola cosa: comprare armi nuove. Tutti i giorni un via vai di rappresentanti dell'industria degli armamenti entrava ed usciva dal suo ufficio, lasciando cataloghi e biglietti da visita. Per quei poveri ragazzi, che arrivavano quasi strisciando per reclamizzare un nuovo modello di missile all'uranio impoverito o una nuova arma per mutilare i bambini, incontrare il generale Sherman era l'occasione per dare una svolta alla lora vita. Se avessero ottenuto anche una modesta commissione dal Ministero, l'azienda magari li avrebbe promossi, avrebbero ricevuto un aumento e acceso un mutuo per comprare una casa in Florida. Zigbniev pensava a suo figlio Ivan, mentre entrava dal generale: non avrebbe avuto il cuore di tornare da lui dicendogli che non era riuscito a vendere nemmeno un grammo di antrace, nemmeno una mina antibambino, nemmeno una miserrima partita di missili aria-terra. Aveva le carte in regola per farcela, non doveva fallire.
"Sa qual'è il principale problema dell'uranio impoverito?", chiese Sherman, facendolo accomodare alla scrivania. Zigbniev rispose senza esitazioni: "Gli effetti devastanti sui civili. Sono incontrollabili. Tumori, leucemie, nascita di bambini deformi. Una volta sparso al suolo resta lì per millenni, le sue conseguenze sono note, ma restano altamente imprevedibili". Sherman spippacchiò il sigaro: "E questo secondo lei è un problema?" Zigbniev, che non si era mai chiesto nemmeno se il suo era un nome vero o l'invenzione di uno scrittore troppo pigro per andare a cercare un nome più credibile, replicò sicuro: "E' ovvio che si tratta di un problema. Dopo anni di sperimentazione, le conseguenze di un'arma dovrebbero essere gestibili. Qual'è la percentuale di malattie e feti malformati? Perchè non possiamo controllarla? Quanto uranio impoverito dovremo spargere in Iraq per fare sì che tutti i bambini iracheni delle prossime tre generazioni nascano orrendamente deformi?" Sherman gli chiese perchè si ponesse tutti questi quesiti. "Perchè lo scopo ultimo della guerra è sterminare il nemico e umiliare i sopravvissuti. Un Iraq con un solo iracheno in buona salute è pericoloso. E il Governo lo sa: riempiamo l'Iraq di immigrati asiatici che lavorino nei nostri campi petroliferi. Hanno tirato su le nostre ferrovie, morendo come mosche, ora usiamoli nelle colonie. Quanto agli iracheni, loro ormai hanno fatto il loro tempo. Sono una palla al piede".
Sherman sorrise. Apprezzava la schiettezza di quel giovane, ma non glielo disse. Si finse invece più serio del solito. "E lei cosa mi propone oggi? La solita bomba atomica a basso potenziale? I soliti noiosi gas asfissianti? Il solito fosforo bianco che bruciacchia i bambinetti?" Zigbniev pensò a suo figlio Ivan e si fece forza: ora si giocava il tutto per tutto.
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