“Come ho tolto la vita a Cicciuzzo Sconciaforni, ora gliela restituirò”. E’ commosso e sinceramente pentito Icaro Trabbona (nella foto), che annuncia il proprio ravvedimento pochi minuti prima di essere posto sulla sedia elettrica. L’attrezzista di Campiglia Marittima, infatti, avrebbe nel frigorifero di casa diverse boccette di sperma dell’attore, morto sul set del film porno musicale “Cum togheter” nel modo che vi abbiamo già raccontato per un numero di volte tendente asintoticamente a infinito.
“Assai spesso mi affidavano il compito di pulire il set dopo le scene – spiega Trabbona – invece che buttare via il seme di Cicciuzzo, lo raccoglievo per tenerlo come memorabilia da rivendere a caro prezzo ai fan. L’ho conservato in modo accurato e, quindi, dentro c’è tutto il patrimonio genetico utile a riportare tra noi quel grande artista di cui ricorderò sempre l’odore da armadio naftalinato”.
Trabbona, prima di essere giustiziato, ha chiesto come ultimo desiderio cinque boccali di burro fuso per accompagnare una cena composta da quarantotto portate ipercaloriche.
“Sono talmente tanto pentito da avere deciso un’estrema conversione al Cicciuzzianesimo. Spero di prendere almeno una ventina di chilogrammi, prima di essere fritto come una costina dalla equa giustizia degli Stati Uniti. Così sarò pronto a eternarmi in una stella vicino al grande Cicciuzzo”.
Insensibile al dramma umano di Trabbona, ma sensibile alle possibilità scientifiche offerte dalla rinascita di Cicciuzzo, è il direttore dell’Asl 18 Adriano Marcolongo. “Sono tornato dall’India quando ho saputo della piaga del cicciuzzianesimo – spiega – come sapete ho abbracciato l’induismo e credo che la millenaria saggezza dei Veda non possa essere oscurata da un culto così impuro. Riportare in vita Cicciuzzo servirà a sradicare quella religione, uccidendone la divinità”.
Proteste vibrate da Guglielmo Brusco: “Verranno spesi un sacco di soldi per riportare in vita un uomo morto, quando con quelle stesse somme si potrebbero assumere mille uomini vivi per far funzionare meglio l’ospedale di Trecenta. E poi, Adriano, l’amore non è bello se non è litigarello. Sei disposto a parlarne stasera dopo il cinema? Tvb”.
Marcolongo accetta: “Anche se mi hai lasciato come un cetriolo davanti all’altare, sono disponibile a pacificarmi. Lancio già un’ipotesi di mediazione: Cicciuzzo, una volta tornato in vita, dovrà lavorare gratis all’ospedale di Trecenta fino a ripagare completamente i costi del suo rientro al di qua del velo di Maya”.
Si dichiara disponibile a ragionare sull’ipotesi Leonard Pontibaldi, produttore dell’artista Sconciaforni. “Potrei anche accettare – sostiene – a patto che oltre all’attività convenzionata, a Cicciuzzo sia consentito di esercitare la libera professione entro le mura dell’ospedale. Potrei già iniziare a lavorare alla sceneggiatura di “Il dottor Cicciuzzo Tersilli, medico della mona” che, con dialoghi in dialetto veneto, segnerebbe una svolta nella commedia hard all’italiana”.
“Assai spesso mi affidavano il compito di pulire il set dopo le scene – spiega Trabbona – invece che buttare via il seme di Cicciuzzo, lo raccoglievo per tenerlo come memorabilia da rivendere a caro prezzo ai fan. L’ho conservato in modo accurato e, quindi, dentro c’è tutto il patrimonio genetico utile a riportare tra noi quel grande artista di cui ricorderò sempre l’odore da armadio naftalinato”.
Trabbona, prima di essere giustiziato, ha chiesto come ultimo desiderio cinque boccali di burro fuso per accompagnare una cena composta da quarantotto portate ipercaloriche.
“Sono talmente tanto pentito da avere deciso un’estrema conversione al Cicciuzzianesimo. Spero di prendere almeno una ventina di chilogrammi, prima di essere fritto come una costina dalla equa giustizia degli Stati Uniti. Così sarò pronto a eternarmi in una stella vicino al grande Cicciuzzo”.
Insensibile al dramma umano di Trabbona, ma sensibile alle possibilità scientifiche offerte dalla rinascita di Cicciuzzo, è il direttore dell’Asl 18 Adriano Marcolongo. “Sono tornato dall’India quando ho saputo della piaga del cicciuzzianesimo – spiega – come sapete ho abbracciato l’induismo e credo che la millenaria saggezza dei Veda non possa essere oscurata da un culto così impuro. Riportare in vita Cicciuzzo servirà a sradicare quella religione, uccidendone la divinità”.
Proteste vibrate da Guglielmo Brusco: “Verranno spesi un sacco di soldi per riportare in vita un uomo morto, quando con quelle stesse somme si potrebbero assumere mille uomini vivi per far funzionare meglio l’ospedale di Trecenta. E poi, Adriano, l’amore non è bello se non è litigarello. Sei disposto a parlarne stasera dopo il cinema? Tvb”.
Marcolongo accetta: “Anche se mi hai lasciato come un cetriolo davanti all’altare, sono disponibile a pacificarmi. Lancio già un’ipotesi di mediazione: Cicciuzzo, una volta tornato in vita, dovrà lavorare gratis all’ospedale di Trecenta fino a ripagare completamente i costi del suo rientro al di qua del velo di Maya”.
Si dichiara disponibile a ragionare sull’ipotesi Leonard Pontibaldi, produttore dell’artista Sconciaforni. “Potrei anche accettare – sostiene – a patto che oltre all’attività convenzionata, a Cicciuzzo sia consentito di esercitare la libera professione entro le mura dell’ospedale. Potrei già iniziare a lavorare alla sceneggiatura di “Il dottor Cicciuzzo Tersilli, medico della mona” che, con dialoghi in dialetto veneto, segnerebbe una svolta nella commedia hard all’italiana”.
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