Serata ggiovane! (parte terza)

(... continua dalla puntata precedente)

"Com'è?", mi chiede Celio, mentre sorseggio un black russian che mi fa rapidamente rinsavire. "E' un'idea tua quella di aggiungere il succo di kiwi?", gli chiedo. "E' la ricetta originale - mi strizza l'occhio Celio Rodigino nei panni di Severo - In realtà Gustave Tops ci metteva anche una parte di benzina. Poi con il tempo l'aumento del costo del kiwi e gli shock petroliferi portarono alla ricetta più sobria. Fossero rimasti qui i tuoi amici, avrebbero apprezzato il White Russian Borgatti, un omaggio al leader di Forza Italia, tutto giocato sull'assonanza con il celebre liquore al caffè Borghetti". Mi irrito nel sentirlo parlare così svagatamente, mentre il cadavere del clone numero 348 di Vianello Monello giace ancora a terra con il petto perforato da un'impiombata e tutt'intorno gli schizzi di sangue hanno ricreato suggestioni di Mirò. Scaglio il suo cocktail a terra e grido: "Perdiana, Celio, manda qualcuno a pulire!" Indico là, dove le suole di gomma di Valentino Lodo hanno lasciato impronte rosse che dalla pozza di sangue si dirigono verso la porta. Il mio interlocutore si mette a ridere: "Allora dammi una mano". Prendiamo il corpo di Vianello Monello n. 348 e lo trasciniamo nel retrobottega. Poi con lo spazzolone Celio tira a lustro il pavimento, gettando nel water l'acqua rossa: "I mobili li pulisco domani, tanto poi venderò questo locale ai cinesi".
Non ho il coraggio di fargli la domanda, così mi anticipa. "Sì, non è il primo Vianello Monello che uccido - dice secco - Ho già eliminato il clone numero 59 e quello numero 444. Il clone numero 98, invece, l'ho trovato già morto: scriveva per un quotidiano locale di Karachi e gli integralisti islamici che lui sbeffeggiava a tutto spiano dalla sua rubrica lo hanno fatto saltare in aria con centoventi chili di tritolo. A tutt'oggi me ne mancano ancora 496 e ti confesso che l'impresa mi sembra al di sopra delle mie possibilità". Ridacchia lisciandosi i baffoni. Ma non lo sto più ascoltando. Non vedo più il Celio Rodigino che ricordavo. Quel libertino che fuggì nel Sahara per sposarsi con una procace donna tuareg di nome Boctu. Quel sognatore che partì per i mari del sud con un brigantino assieme a Vianello Gemello e Siegfried Von Nibelunghen. E' cambiato. O forse è tornato a essere quello che era sempre stato. Gli dico secco in volto: "Credi che non abbia capito cos'hai in mente?" Ora so cosa intende fare. Indico il bancone del bar, su cui giace una pila di carte sparpagliate. E' il bilancio del Consvipo, aperto vicino alla bottiglia di Southern Comfort. "Fa parte del piano anche quello?" Lui vorrebbe spiegarmi, ma io lo zittisco. Gli dico che non ne voglio più saperne nulla. Poi gli volto le spalle e mi dirigo a rapidi passi verso l'uscita.
Fuori c'è Elviro Monini che mi attende in macchina: l'avevo chiamato al cellulare durante uno sfasamento temporale di cui non si era accorto nessuno tranne me. "Che faccia scura - mi dice - hai qualche problema?" Faccio finta di no, poi ammetto: "So come farà Celio Rodigino a eliminare i 496 cloni rimasti di Vianello Monello". Elviro mi corregge: "Sono 495, ne ho investito io uno ieri con la macchina... Beh, sono tanti comunque".