Le incredibili avventure di Pierotto Leprotto nel paese di Pipponia
Il sole era sorto da poche ore, quando Pierotto Leprotto uscì dalla sua tana, costruita sotto la radice di un grande albero nella foresta più grande del meraviglioso paese di Pipponia. All'esterno il temporale aveva lasciato il terreno umido e odoroso e grossi lombrichi guizzavano dal terriccio molle per poi tornare a scavare nell'oscurità, mentre tutt'intorno le api riprendevano il rituale dell'impollinazione, viaggiando rapide da una pianta all'altra, toccando fiori che presto sarebbero divenuti succosi frutti. Pierotto Leprotto trasse di tasca l'agendina elettronica e diede un'occhiata agli appuntamenti del giorno: "Perdincibacco! - esclamò - Tra meno di un'ora devo trovarmi a prendere il tè con Arturo il Canguro dall'altra parte del paese di Pipponia e non ho ancora comprato i pasticcini al burro che gli avevo promesso. Mannaggia alla mia memoria corta, forse ieri sera dovevo evitare di fare tardi guardando incantato l'immensità della volta stellata e la luna eburnea mentre condividevo una canna e un'intero cartone di vino da 2 litri con Casimiro il Ghiro".
Pierotto Leprotto si affrettò dunque ad attraversare il grande bosco, salutando frettolosamente Osvaldo il Tasso, un tizio complessato perchè i suoi genitori non erano riusciti a trovare un nome che facesse rima con la sua specie animale. Non aveva di questi problemi Gaia la Ghiandaia, che saltellando da un albero all'altro gridò festosa a Pierotto: "Ricordati che Martina la Faina ha fatto una torta di nocciole per te e dice di passartela a prendere quando vuoi!" Ma Pierotto Leprotto, si limitò a dire che era di fretta e sarebbe passato poi, mentre saltellava fra le felci verdeggianti e grovigli di edera. Per accorciare la strada avrebbe dovuto passare vicino al grande fungo dove abitavano alcuni topolini sempre intenti a lavorare nella rimessa attorno a uno strano macchinario. Giunto che fu al grande prato pieno di margherite all'esterno del bosco, si fermò a rimirare una strana nuvola che pareva un cavallo imbizzarrito: "Questo mi fa venire in mente qualcosa che non ho tempo di ricordare", bofonchiò. Per raggiungere celermente la tana di Beatrice la Pernice, rinomata cuoca, apprezzata in tutta Pipponia per i suoi biscottini al burro, decise di tagliare per una lunga strada sterrata che andava su e giù per le naturali ondulazioni del terreno collinoso di quel paese. Guardandosi da eventuali cani minacciosi, che comunque avrebbe seminato con un rapido scatto, trotterellò per un centinaio di metri fino a incrociare Mariotto il Leprotto, un suo lontano cugino caduto in disgrazia e divenuto punkabbestia, che girovagava chiedendo la carità ai passanti. "C'hai due spicci?", gli chiese, facendo tintinnare un bicchiere di carta pieno di monetine. Pierotto sbuffò e mise la mano in tasca per contare i soldi nel portamonete, tenendo presente che avrebbe dovuto tenerne abbastanza per poter comprare i dolci per tempo.
"Accipicchia!", esclamò, non trovando il borsellino in cui teneva il danaro. "Ahimè sfortunato! - pianse - Ho perso le monetine! Come farò!" Si mise così a cercare, aiutato dal cugino, percorrendo a ritroso la strada fatta. Ma invano guardò ogni pertugio e sollevò ogni pietra. Il portamonetine era scomparso. "Come farò? Come farò? Mannaggia, sacripante, perdiana!" Tornato sulla strada sterrata per l'ultimo disperato tentativo, si lasciò cadere a terra, resosi conto che non c'era verso di venirne a capo. Pensò e ripensò a quando l'aveva tratto di tasca l'ultima volta, ma ricordava nitidamente di averlo tenuto in tasca per due giorni interi. Forse l'avevano derubato? Forse gli era caduto quella sera che si era appartato tra le frasche con Antonietta la Coniglietta, capace prostituta del bosco di Pipponia? Forse aveva prestato degli spiccioli a Casimiro il Ghiro quando erano andati a comprare il crack dal pusher? Miriadi di domande si affollavano nella sua mente, ma la risposta era sempre quella: aveva perso il portafoglio e non aveva più i soldi per comprare i pasticcini. "Arturo non me lo perdonerà mai! - singhiozzò - Eppoi quel portamonete me l'aveva cucito a mano Martina la Faina! Si arrabbierà un sacco!".
A quel punto fu come illuminato da una saetta e percorso da scintille di felicità ed euforia: "Ma certo! Passerò da Martina a prendere la torta di nocciole, così avrò qualcosa da offrire ad Arturo e magari mi farò cucire un nuovo portamonete! Evviva!" Furono le sue ultime parole prima che la grande ruota di un trattore lo schiacciasse come una frittata, facendogli scoppiare tutte le budella fuori dalla pelliccia. Tutti gli animali del bosco, attirati dalle grida di Mariotto il Leprotto, accorsero a vedere cosa fosse successo. Mancava solo Casimiro il Ghiro: in quel momento stava vincendo 138 monetine d'oro al videopoker, dopo essersi giocato tutti i soldi rubati la sera prima a Pierotto Leprotto. E in quel momento, incosciente di quanto aveva fatto, si sentiva il Ghiro più felice del mondo.
Pierotto Leprotto si affrettò dunque ad attraversare il grande bosco, salutando frettolosamente Osvaldo il Tasso, un tizio complessato perchè i suoi genitori non erano riusciti a trovare un nome che facesse rima con la sua specie animale. Non aveva di questi problemi Gaia la Ghiandaia, che saltellando da un albero all'altro gridò festosa a Pierotto: "Ricordati che Martina la Faina ha fatto una torta di nocciole per te e dice di passartela a prendere quando vuoi!" Ma Pierotto Leprotto, si limitò a dire che era di fretta e sarebbe passato poi, mentre saltellava fra le felci verdeggianti e grovigli di edera. Per accorciare la strada avrebbe dovuto passare vicino al grande fungo dove abitavano alcuni topolini sempre intenti a lavorare nella rimessa attorno a uno strano macchinario. Giunto che fu al grande prato pieno di margherite all'esterno del bosco, si fermò a rimirare una strana nuvola che pareva un cavallo imbizzarrito: "Questo mi fa venire in mente qualcosa che non ho tempo di ricordare", bofonchiò. Per raggiungere celermente la tana di Beatrice la Pernice, rinomata cuoca, apprezzata in tutta Pipponia per i suoi biscottini al burro, decise di tagliare per una lunga strada sterrata che andava su e giù per le naturali ondulazioni del terreno collinoso di quel paese. Guardandosi da eventuali cani minacciosi, che comunque avrebbe seminato con un rapido scatto, trotterellò per un centinaio di metri fino a incrociare Mariotto il Leprotto, un suo lontano cugino caduto in disgrazia e divenuto punkabbestia, che girovagava chiedendo la carità ai passanti. "C'hai due spicci?", gli chiese, facendo tintinnare un bicchiere di carta pieno di monetine. Pierotto sbuffò e mise la mano in tasca per contare i soldi nel portamonete, tenendo presente che avrebbe dovuto tenerne abbastanza per poter comprare i dolci per tempo.
"Accipicchia!", esclamò, non trovando il borsellino in cui teneva il danaro. "Ahimè sfortunato! - pianse - Ho perso le monetine! Come farò!" Si mise così a cercare, aiutato dal cugino, percorrendo a ritroso la strada fatta. Ma invano guardò ogni pertugio e sollevò ogni pietra. Il portamonetine era scomparso. "Come farò? Come farò? Mannaggia, sacripante, perdiana!" Tornato sulla strada sterrata per l'ultimo disperato tentativo, si lasciò cadere a terra, resosi conto che non c'era verso di venirne a capo. Pensò e ripensò a quando l'aveva tratto di tasca l'ultima volta, ma ricordava nitidamente di averlo tenuto in tasca per due giorni interi. Forse l'avevano derubato? Forse gli era caduto quella sera che si era appartato tra le frasche con Antonietta la Coniglietta, capace prostituta del bosco di Pipponia? Forse aveva prestato degli spiccioli a Casimiro il Ghiro quando erano andati a comprare il crack dal pusher? Miriadi di domande si affollavano nella sua mente, ma la risposta era sempre quella: aveva perso il portafoglio e non aveva più i soldi per comprare i pasticcini. "Arturo non me lo perdonerà mai! - singhiozzò - Eppoi quel portamonete me l'aveva cucito a mano Martina la Faina! Si arrabbierà un sacco!".
A quel punto fu come illuminato da una saetta e percorso da scintille di felicità ed euforia: "Ma certo! Passerò da Martina a prendere la torta di nocciole, così avrò qualcosa da offrire ad Arturo e magari mi farò cucire un nuovo portamonete! Evviva!" Furono le sue ultime parole prima che la grande ruota di un trattore lo schiacciasse come una frittata, facendogli scoppiare tutte le budella fuori dalla pelliccia. Tutti gli animali del bosco, attirati dalle grida di Mariotto il Leprotto, accorsero a vedere cosa fosse successo. Mancava solo Casimiro il Ghiro: in quel momento stava vincendo 138 monetine d'oro al videopoker, dopo essersi giocato tutti i soldi rubati la sera prima a Pierotto Leprotto. E in quel momento, incosciente di quanto aveva fatto, si sentiva il Ghiro più felice del mondo.
2 commenti:
Proprio non c'è più spazio per le fiabe in questo mondo di merda?
Desidero specificare che non sono io il sig. Leprotto di cui si tratta in questo testo. A seguito della pubblicazione di queste righe numerosi conoscenti e colleghi d'ufficio mi hanno schernito o chiesto ragguagli, confondendomi con il suddetto sig. Leprotto. Tengo dunque a precisare che trattasi di un palese caso di ominimia, essendo peraltro il sottoscritto residente nella città di Bologna e non in tale località detta Pipponia.
Non conosco alcuni sig. Il Ghiro, nè ho mai compiuto alcuna delle azioni qui citate.
Chiedo cortesemente di pubblicare questa rettifica al fine di porre fine all'indecoroso scambio di persona.
Certo di uno suo gentile riscontro, progo cordiali saluti,
rag. Pierotto Leprotto
Bologna
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