giovedì 16 aprile 2009

Un antropologo in Polesine

"Il 93% degli abitanti del Polesine è convinto che Dio esista e quattro su cinque lo pregano di tanto in tanto come se esistesse davvero". E' affascinato l'antropologo Mariano Fenheiser, giunto in provincia di Rovigo dalla libera repubblica baltica di Talfania, per studiare le usanze di questo popolo insediatosi tra due fiumi.
"Usanze primitive - afferma senza timore di critiche - che non vano giudicate, ma solamente analizzate in modo scientifico. Non commettiamo l'errore di definire altri popoli inferiori solo perchè credono in cose che noi riteniamo delle scemenze fuori da ogni logica. Questa popolazione che crede in Dio e nella resurrezione del corpo ha indubbiamente connotati di grande interesse e mistero". Lo studioso ha preso in esame i dati divulgati dal vescovo locale, secondo cui solo 7 polesani su 100 si sono accorti che Dio non esiste, mentre tutti gli altri sono davvero convinti che tale figura mitologica sia reale. Tant'è che l'80%, sempre stando a questa interessante ricerca, ci parla pure, talvolta ad alta voce, talvolta ricercando non ben definiti contatti telepatici. "Queste ci possono sembrare bizzarrie anacronistiche, ma ogni popolo ha la sua visione del mondo. Non è compito dell'antropologo farsi influenzare da pregiudizi etnocentrici", ribadisce Fenheiser.
In realtà il misticisimo polesano è meno monolitico di quanto sembri: il 35% degli intervistati ogni tanto ha il dubbio che forse non ci sia davvero nessun Dio, come per ribellarsi blandamente al plagio operato dalla società fin dalla giovine età. Per molti la cosiddetta fede è un bailamme soggettivo, in cui qualcuno "pratica", cioè esprime la propria credulità in pubblico attraverso riti collettivi, altri preferiscono rivolgersi a presunte divinità uniche nel proprio privato. D'altro canto più del 70% prega, cioè recita formule apotropaiche rivolte a tale figura mitologica, ogni settimana, non si sa se a giorni prefissati o quando capita capita.
"Tutto ciò, ribadisco, è estremamente affascinante - dice l'antropologo - E' una visione del mondo inedita, anche se difficile da comprendere. Ho provato a chiedere a una signora perchè crede in un dio buono e caritatevole proprio mentre le tv ci sparano le immagini delle città abruzzesi rase al suolo da un terremoto. Mi ha preso per un testimone di Geova e mi ha cacciato via". Nemmeno con i testimoni di Geova, del resto, a Fenheiser è andata bene: "Loro danno certamente delle risposte interessanti ma comunque bizzarre, tipo che fa tutto parte del piano di Dio e non importa se così sembra un piano folle e crudele - dice, ridendo a crepapelle - Poi ti fanno leggere i loro libretti in cui dicono che gli omosessuali sono dei fuori di testa e che l'unica soluzione per un omosessuale credente è smettere di essere omosessuale. Sono affermazioni che a un occhio smaliziato, certo, potrebbero apparire di estrema rozzezza. D'altro canto vanno contestualizzate: ricordiamoci sempre che queste persone sono davvero convinte che Dio esista e che certe cose strane scritte nei loro testi sacri siano davvero avvenute. E' come se da noi, in Talfania, i bambini non smettessero mai di credere al babau o Babbo Natale. Sarebbe forse una società meno eccentrica?"

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Quis est Giulio Bendfeldt? ha detto...

Giulio Bendfedt è nato a Concadirame nel 1949 da un ciabattino e da una lavandaia, dal 1964 al 1969 con l'aiuto del parroco frequentò il seminario di Rovigo, dove poté conoscere le idee liberali e rivoluzionarie che si erano profondamente diffuse nel Polesine, luogo di deportazione per condannati politici. Nel 1968 si iscrisse ad una associazione segreta polesana, scoperto venne espulso dal seminario. Cominciò poco dopo una vera attività politica, ovviamente in concordia con quella dei Vetusti Scaldapoltrone Ammuffiti. Nel ‘74 tornò in Polesine dopo un periodo ospite da Gabbano Maringelli, dove seguì le idee di Antonio Bisaglia, che prevedevano l'inizio di una stagnazione coordinata dalla Democrazia Cristiana, nel corso del 13° congresso del 1975, Bisaglia lo notò a causa delle sue azioni spregiudicate. Da adesso fino al 2002 la sua notorietà fu in costante ascesa (diviene editorialista dell’Adige, si fa ancora notare per la pubblicazione del saggio "Il vetustismo e il problema energetico"). Mentre Bisaglia e Giulio Veronese si affermavano nella Dc, Giulio Bendfeldt assieme a Vianello Monello assumeva il compito dell'organizzazione del comitato centrale che non permetteva loro di stare sempre "sotto la luce dei riflettori ", ma permetteva di avere il controllo del partito. Una volta creata la segreteria (organo direttivo della Dc) ne entrarono far parte. Dopo la caduta della Dc Giulio Bendfeldt si adoperò per vincere la battaglia, divenne appunto opinionista. Con la morte di Bisaglia nel 1984 Giulio Bendfeldt iniziò uno duro scontro con Renzo Marangon. Prevalse Marangon, che avviò riforme per perseguire le sue idee , realizzò la collettivizzazione della vetustà e ideò gli accordi trasversali per governare il Polesine. Il resto è storia recente e Giulio Bendfeldt continua ad arrovellarsi sulla continuazione del pensiero doroteo-bisagliano e sul cambio delle serrature nelle sedi dell’Udc.