venerdì 29 maggio 2009

Romanzo Pulp - Capitolo secondo?

"Stai accelerando troppo, rischiamo di..." Le parole si troncano in gola al mio compagno di viaggio. E' troppo tardi. Ho premuto troppo sull'acceleratore, mentre abbandonavo l'interporto. Non mi sono accorto del pericolo. Quell'enorme buca sulla strada che percorre la zona industriale si è allargata troppo. Si è allargata talmente tanto che è diventata un varco spaziotemporale. Ci hanno messo un po' di bitume, ma non è bastata. E noi ci siamo finiti dentro, con la macchina e tutto, come scriverebbe Mattia Signorini.
Riapriamo gli occhi e ci troviamo a testa in giù. Il mio compagno di viaggio non dà segni di vita. Ebbene, lo confesso: ho mentito a Renzo Marangon. Non sono un automa con le fattezze di Monello Vianello e comandato da lui medesimo a distanza. L'automa era il mio compagno di viaggio, spacciato per Celio Rodigino e manovrato, questo sì, a distanza da Monello Vianello. Io invece sono Celio Rodigino, quello vero, mascherato da automa con le fattezze di Monello Vianello, per confondere le acque. E ora mi ritrovo non so dove e non so quando. Con un robot spento come unica compagnia. Vabbè. Mi sgancio la cintura e cerco di uscire dalla macchina. Mi chiedo dove potrei essere capitato. Quando ti si apre uno sfasamento spaziotemporale davanti ti chiedi sempre dove finirai: ad Haiti, prima dello sterminio dei popoli indigeni? Nel 1461 durante l'assedio di Trebisonda? In una zona remota e deserta dell'Artico, nel terzo secolo dopo l'invenzione di Cristo, ad annoiarmi a morte, mentre da tutt'altra parte accade di tutto, tipo la rivolta dei Bagaudi? Se vogliamo metterla così, sono le occasioni in cui uno riflette sul senso della vita e sulle mille possibilità che ci sarebbero potute capitare.
Fuori dall'abitacolo mi ritrovo in un grande prato pieno di margherite. A chiazze, all'orizzonte, si intravvede una foresta rigogliosa di latifoglie. Non c'è traccia di esseri umani, nemmeno una casetta isolata. Respiro l'aria fresca e penso che in fondo non si sta male qui. Ma qui dove? Mentre cerco di ramazzare dal bagagliaio della macchina qualcosa che possa tornarmi utile, vedo una banda di strani ceffi avvicinarsi a grande velocità. Che siano pericolosi? In ogni caso ho sotto il giubbino un mitragliatore Uzi. Ci provino ad alzare un dito. Man mano che si avvicinano fatico a credere ai miei occhi. Vedo distintamente tre pecore e un ghiro. Camminano eretti. Tutto ciò è piuttosto strano. Tengo il dito sul grilletto del mitragliatore. Il ghiro, dall'aria un po' ottenebrata, si stacca dalla compagnia e si avvicina, salutando cordialmente. Sono allibito. "E tu chi sei straniero?". Non gli rispondo, chiedo invece dove diavolo sono capitato. Arrossisce. "Mi scuso con te per la mia scortesia - dice - Io sono Casimiro il Ghiro. Benvenuto nel meraviglioso paese di Pipponia".

Nessun commento: